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È calato il silenzio sulla chimica verde

LA NUOVA SARDEGNA 23 dicembre 2019

di Gianni Bazzoni

SASSARI. Ormai da troppo mesi è calato il silenzio totale sul progetto della Chimica verde. Non ne parla più nessuno, sembra quasi che il tema sia stato rimosso dall'agenda politica della Regione e del Governo nazionale, mentre l'Eni non perde occasione per "reclamizzare" le iniziative "Bio" in altri siti nazionali.La Cgil di Sassari, proprio in questi giorni che precedono la conclusione del 2019 ha deciso di tornare con decisione sull'argomento. «Chiediamo che il presidente Christian Solinas con la stessa volontà e caparbietà dimostrate fin qui sul tema energia e metano, affronti la vertenza chimica verde. E lo faccia senza perdere ulteriore tempo. Perché se così non fosse, si renderebbe complice di chi vuole usare la Sardegna come una colonia, sfruttarne le materie prime e portare qui i prodotti finiti, trasferendo le trasformazioni nella penisola».

La posizione della Cgil sassarese è stata espressa da Massimiliano Muretti che ha ricostruito il tortuoso cammino di un progetto che oggi dovrebbe avere raggiunto livelli di realizzazione elevati e non trovarsi nella condizioni "minimale" attuale.«Un altro anno è trascorso da quando l'allora presidente Francesco Pigliaru, convocò un incontro a Sassari con tutti i soggetti sottoscrittori il Protocollo sulla chimica verde a Porto Torres. L'incontro evidenziò le grandi difficoltà presenti nei rapporti societari tra Eni Versalis e Novamont - ha sottolineato Muretti - e fu evidente a tutti che non potevamo rimanere ostaggi delle beghe aziendali, che doveva essere avviata una nuova fase del progetto. Pigliaru chiese formalmente all'allora Governo Conte gialloverde di intervenire e liberare la Sardegna e il progetto di chimica verde dai vincoli che Versalis e Novamont avevano costruito con le loro diatribe societarie».Il presidente Solinas, nel suo discorso di insediamento in effetti definì la sottoscrizione del protocollo un errore. Ma con il passare del tempo sembra avere maturato una convinzione diversa: «Al termine della prima riunione dell'Agenda Industria, fu comunicato che di lì a 10 giorni si sarebbe tenuta una riunione specifica sulla chimica verde a Porto Torres - ricorda Muretti -. Sono trascorsi quasi 2 mesi».La Cgil sassarese chiede che «il presidente Solinas e l'assessora Pili trasferiscano sulla questione le stesse energie e la stessa chiara posizione che sono stati capaci di manifestare sul tema energia e metano». Critico il giudizio sul Governo nazionale «completamente assente». Per il sindacato, l'esecutivo giallorosso della New Green Deal,«mai in nessuno dei momenti che ne hanno caratterizzato la presenza in Sardegna, ha espresso alcunché in ordine al tema della chimica verde. Come è possibile non tenere conto di ciò che già esiste e va nella giusta direzione? Come si fa a lasciare nella totale disponibilità dell'Eni e di Novamont un settore importante come quello delle Bioplastiche, degli additivi bio, dei fertilizzanti bio?».Il richiamo della Cgil è chiaro: il presidente Solinas pretenda dal Governo la convocazione di Versalis e Novamont. E nel mentre agisca lui stesso sulle parti, esattamente come avvenuto un anno fa con il presidente Pigliaru. Bisogna pretendere chiarezza, chiedere che ripartano gli investimenti nel settore. Perché mentre in Sardegna si tentenna e tutto resta sospeso, scelte importanti si sono realizzate in giro per l'Italia».In effetti, Novamont ha raddoppiato la produzione di poliestere Bio e quindi di Mater Bi. L'Eni non perde occasione per pubblicizzare la sua nuova anima Bio, rispettosa dell'ambiente, coerente con il futuro, con la controllata Versalis ha acquisito la ex Mossi e Ghisolfi, ha costituito una business-unit che si occupa di chimica verde e ricerca, di cui fa parte anche Matrica.«Tutti elementi che vanno letti positivamente, ma che non hanno prodotto il salto verso i nuovi investimenti a Porto Torres - dice ancora Massimiliano Muretti - Nel luogo dove doveva nascere la più grande e innovativa produzione di Bioplastiche, probabilmente del mondo, certamente d'Europa, tutto si è fermato ormai da oltre 4 anni. Solo i tecnici locali, grazie alla loro caparbietà hanno permesso l'avvio e la stabilizzazione delle attuali produzioni. Quanto fatto non basta. Non basta perché è troppo poco per i lavoratori diretti, quasi niente per quelli dell'indotto, i più deboli. Quelli che più di tutti hanno pagato il prezzo di una innovazione tradita».